Cosa ti ha spinto a diventare freelance un anno fa?
Ho deciso di compiere questo salto nel vuoto e accettare i rischi che comportava fondamentalmente per un motivo: avere qualcosa che fosse solo mio in cui incanalare il mio tempo e i miei sforzi. Questa decisione è stata maturata dall’essermi guardata intorno per un po’ e aver capito che questa professione si realizza a pieno soltanto nelle vesti della libera professione (è solo la mia esperienza personale, nel mio caso è stato così!) e, dato che questo è sempre stato il mio sogno, mi sono detta: “non posso più scendere a compromessi, perlomeno adesso ci devo provare!”
Quali sono le sfide inaspettate che hai dovuto affrontare nel tuo primo anno di freelance?
Sono passata dall’avere una routine predefinita, fatta di orari aziendali, weekend e giorni rossi, alla responsabilità totale della gestione delle mie giornate. Non è stato semplice (non lo è tuttora) porsi degli orari e non trascurarsi, però con il tempo ci si impara a conoscere. Io, ad esempio, ho capito che, in caso di necessità, preferisco lavorare fino a tardi la sera piuttosto che svegliarmi prima la mattina. Un’altra sfida non di poco conto è stata rinunciare alla stabilità economica e in generale alla “comfort zone” psicologica.
Come hai gestito il passaggio dalla sicurezza di un lavoro tradizionale all’incertezza del freelance?
Affermare di averlo gestito sarebbe un parolone, ho semplicemente lasciato che le cose accadessero. Let it be, no? Anche nei periodi duri non ho mai perso di vista la sensazione di appagamento che anche un piccolo progetto mi regalava e ho tenuto duro perché non riesco a immaginarmi a fare nient’altro che non sia questo. Avere piani B è un bene, ma vivere per il proprio piano A è ancora meglio.
Quali aspetti positivi hai scoperto in questa nuova fase della tua carriera?
Ho assaporato la libertà e la soddisfazione di dedicarmi ai progetti a cui mi voglio davvero dedicare. Non esiste “lo faccio soltanto per arrotondare” perché, prima o poi, la mancanza di motivazione viene fuori e, cosa peggiore, il cliente se ne rende conto e cerca altrove. Un altro aspetto positivo è sicuramente la flessibilità di lavorare quando, dove e come vuoi. Infine, mi gratifica e mi arricchisce dedicarmi a settori sempre nuovi (un giorno sei in cantiere con le scarpe antinfortunistiche e l’altro sei vestita in pompa magna per lavorare a un matrimonio!) ed esplorare nuove possibilità grazie alla formazione continua.
Quali suggerimenti hai per chi sta considerando il freelance come opzione professionale?
Il mio consiglio è di non farsi condizionare eccessivamente dal parere e dalle esperienze altrui. Certo, i consigli delle persone care sono importanti, ma allo stesso tempo possono risultare decontestualizzati. Solo noi sappiamo cosa voglia dire portare il peso di non avere un albo che protegga la nostra categoria professionale, di battersi ogni giorno per far capire in cosa consiste la nostra professione e difenderla dal “cugggino” o da Google Traduttore ecc. All’inizio mi paragonavo sempre agli altri, colleghi e non, e a volte cado ancora in questo tranello, però ogni strada è diversa e ogni strada merita di essere percorsa. Quindi suggerisco di vivere i propri sogni, o perlomeno provare a realizzarli a qualunque costo, senza paragoni e senza invidia.